Le famiglie in esilio di bambini uyguri detenuti in “orfanotrofi” statali nella regione cinese dello Xinjiang parlano dalla separazione (Amnesty International, 19/3/22)


Amnesty ha parlato con alcuni genitori in Italia  che non hanno più alcun contatto con i loro figli – anche di soli cinque anni – e non possono tornare in Cina perché temono l’internamento un campo di “rieducazione”.”La spietata campagna di detenzione di massa condotta da Pechino nello Xinjiang mette le famiglie separate in una situazione impossibile: i bambini non possono uscire dal paese mentre, in caso di rientro per prendersi cura dei figli, i genitori rischiano persecuzioni e detenzioni arbitrarie”, ha dichiarato Alkani di  Amnesty International  sulla situazione in Cina. Si stima che dal 2017 un milione o più di persone siano state arbitrariamente detenute nei cosiddetti centri di “trasformazione attraverso l’istruzione” o “formazione professionale” nello Xinjiang.  Mihriban e Ablikim, genitori ormai accolti dall’Italia che aveva concesso il ricongiungimento, non sono riusciti a contattare  i loro quattro bambini –  tra i 12 e i 16 anni. I ragazzini si erano messi in viaggio da soli attraverso la Cina per raggiungere il consolato italiano di Shanghai. A  Shanghai  però. sono stati sequestrati dalla polizia e rimandati in orfanotrofio. “Ora sono nelle mani del governo cinese e non so se potrò rivederli”, ha detto Mihriban. “La cosa che fa più male è che è come se noi fossimo morti e loro orfani”.