Bambini e guerre (©UNICEF Sudan/M.Dawes)


Uno spunto di riflessione.Da sempre la guerra è nemica giurata dell’infanzia, poiché con il suo carico di lutti e distruzioni interrompe tragicamente l’età in cui un essere umano ha un bisogno assoluto dell’affetto e della protezione da parte del mondo adulto.

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Ma se per secoli le guerre avevano la forma di scontri fra soldati, con i civili nel ruolo di spettatori e vittime occasionali, quelle della nostra epoca sono quasi esclusivamente stragi di persone inermi.Dal secondo conflitto mondiale in poi, oltre il 90% dei caduti nelle guerre sono civili, in metà dei casi bambini. Questi sono gli effetti dei conflitti moderni, i cui teatri non sono più trincee o campi di battaglia, bensì città, villaggi, scuole e ospedali.  E ciò non a caso, poiché l’obiettivo non è quasi mai quello di conquistare un territorio, ma di distruggere un nemico: i ribelli che ricercano l’indipendenza, i seguaci di un’altra fede, la minoranza che impedisce la purezza etnica della nazione. Accade così che le donne e i bambini non siano più soggetti neutrali, degni della massima tutela, ma obiettivi bellici in piena regola.
Lo stupro etnico è una nuova arma di guerra, escogitata per punire e umiliare l’avversario impedendo la riproduzione del “nemico”, mentre lo sterminio di bambini e ragazzi è un freddo calcolo militare – l’eliminazione dei nemici di domani.Anche arruolare ragazzini per combattere ed eventualmente fare strage di altri bambini non è che la coerente conseguenza di questo folle ragionamento.