La storia dei curdi è la storia di grandi illusioni seguite da delusioni cocenti. Il “grande Kurdistan” è sempre stato un sogno. Niente di più. Anche quando una piccola parte di esso, il Kurdistan iracheno, aveva osato indire un referendum, il 25 settembre 2017, votando un’indipendenza dall’Iraq, mai avvenuta anche per l’aperta opposizione di Iran, Iraq, Turchia e del mancato appoggio di Stati Uniti ed Europa. Soprattutto la Turchia teme che un simile scenario possa rinvigorire le aspirazioni secessioniste degli oltre 20 milioni di curdi presenti sul suo territorio.Il popolo curdo – 35-40 milioni – è forse il più grande gruppo etnico senza uno Stato, sparso su un territorio montagnoso che abbraccia Turchia, Siria, Iraq e Iran. Nella zona dove i curdi abitano nel nord est della Siria, è scattata ieri la campagna turca volta a creare una fascia di sicurezza a ridosso del confine.La storia ha spesso giocato contro i curdi. Quando, nel giugno del 2014, l’esercito iracheno si squagliò come neve al sole davanti all’offensiva dell’Isis, chi salvò il secondo centro petrolifero iracheno furono proprio i peshmerga, le milizie curdo-irachene. Poi nel settembre del 2014, gli Usa si misero alla testa di una coalizione internazionale (solo con raid aerei) contro l’Isis. Fu proprio ai curdi, questa volta quelli siriani (il 10% della popolazione), a cui si rivolse Washington. Nessun Paese che partecipava alla missione intendeva dispiegare i propri soldati. Le milizie curdo siriane, divenivano dunque gli indispensabili “scarponi sul terreno” incaricati di conquistare le città sotto il controllo dell’Isis. Ci riuscirono con successo, pagando però un alto tributo di sangue. Si resero protagonisti anche della riconquista di Raqqa, la capitale dell’Isis. Il loro tributo di sangue continua sotto gli attuali attacchi turchi.